40×40
Quarant’anni di teatrop – 1976_2016
29 – Agosto – 2016, Museo della memoria, Lamezia Terme
A cura di Margherita Gigliotti e Stefano Regio
<<Non è il teatro che è necessario, ma assolutamente qualcos’altro. Superare le frontiere tra me e te: arrivare ad incontrarti per non perderti più tra la folla, né tra le parole, né tra le dichiarazioni, né tra idee graziosamente precisate, rinunciare alla paura ed alla vergogna alle quali mi costringono i tuoi occhi appena gli sono accessibile “tutto intero”. Non nascondermi più, essere quello che sono. Almeno qualche minuto, dieci minuti, venti minuti, un’ora. Trovare un luogo dove tale essere in comune sia possibile…>>
Jerzy Grotowski
In occasione del quarantesimo anno di attività artistico-teatrale a Lamezia Terme, teatrop, compagnia di teatro povero, ha voluto fortemente mettere in mostra la sua storia.
40×40 è un saggio di immagini che raccontano: spettacoli, luoghi della città, uomini e incontri che si sono avvicendati in quarant’anni.
Quaranta tavole tematiche per mostrare il cammino performativo e conoscitivo di una compagnia emblematica in Calabria.
Teatrop nasce nel 1976 come un’emergenza. Emergente era la necessità di proporre nuovi sentieri d’aggregazione sociale, insieme alla sottile volontà di frantumare le convezioni della società; e anche ricreare e trasmettere nuovi collanti emotivi e poetici. La compagnia, in un contesto piuttosto provinciale e rurale, ha creduto fortemente di colmare questa urgenza. Andando oltre le logiche dei determinismi sociali, che plasmano attori sociali, con mestieri e pensieri prestabiliti, prima che esseri umanamente liberi.
Il bisogno era: fare teatro dove non era neppure immaginato, o addirittura dimenticato. Contaminando i luoghi e le vie di Lamezia, con l’arte, la musica e la cultura materiale e artigianale delle putighe-botteghe, come le forge. In un vitale processo di contaminazione dei valori indotti. In questo contesto a volte ottuso, i contaminatori di teatrop hanno portato avanti la consuetudine dello sgomento, che l’attore di teatro povero esplora nelle sue drammaturgie popolari. Hanno costruito una possibilità, un’alternativa. Un gioco bellissimo come il teatro, trasformato in ricerca, in sperimentazione. In un pensiero percettivo che ha come nucleo una riflessione illuminante, in un concreto atto di protesta.
In scenografie umili, in genere cumuli d’ oggetti e materiali, spesso destinati alle discariche, si narravano storie quotidiane. L’attore era scomodo in scena, come è scomodo decostruirsi, cioè eliminare – togliere le divise psicofisiologiche e quelle antropologico-culturali, per così finalmente allenarsi all’ascolto.
Nella storia recente della compagnia, a proposito di decostruzione, l’attenzione si concentra sul teatro ragazzi, e ai bambini che ad esso partecipano. I quali sono, per fortuna, ancora sciolti dalle catene del sistema. Laboratori e spettacoli per bambini diventano il pretesto per lanciare nuove sfide. Una di queste sfide è l’educazione all’ascolto, del proprio corpo e delle proprie reali urgenze. Quelle che stupiscono, e fanno del teatro un luogo in cui trovi una risposta, a quella lancinante domanda che ci portiamo appresso dacché nasciamo: io, chi sono?